Il lavoro è probabilmente il tema più importante che noi occidentali, nella mutazione del mondo che sta avvenendo, siamo costretti ad affrontare. E’ un problema estremamente complicato perché può prendere forma solo tenendo conto attraverso quali condizioni obiettive deve essere pensato per raggiungere un minimo di correttezza intellettuale. Ci sono naturalmente i grandi pensatori che risolverebbero la disoccupazione mandando quattro milioni di giovani a raccogliere pomodori e mele (al posto degli extracomunitari) immaginando che pomodori e mele si producano tutto l’anno, e quindi di precariato non se ne parlerebbe più, se non magari per il ministro che, considerate le sue attitudini che derivano da risentimento e livore, dovrebbe cercarsi un’altra professione di costo minore per lo Stato. Sui giornali si legge di un convegno su questi temi che ora vedo riassunto, con gute Wille, su «l’Unità». Sarebbe una buona cosa – si dice – se le aziende potessero superare la barriera dell’articolo 18, licenziando i lavoratori quando la forza-lavoro fosse eccedente rispetto alla necessità della produzione e quindi del profitto (come fattore dell’equilibrio economico per evitare ogni “estremismo”). D’altro conto non mi sembra probabile che il famoso articolo abbia protetto soprattutto indolenti, villani, incapaci, neghittosi, fannulloni, quelle categorie di persone che popolano il mondo dei fantasmi inconsci di un altro pensatore governativo, unico motivo plausibile per le sue ire funeste.
Fulvio Papi (Presidente del Comitato Scientifico della Fondazione Corrente)