Secondo appuntamento delle “Conversazioni di estetica” con Maddalena Mazzocut-Mis.
Paul Valéry, nel Discorso sull’estetica, che pronunciò nel 1936 di fronte a una platea di filosofi, li rimproverò, accusando in particolare l’estetica di avere troppo a lungo inseguito l’idea astratta del bello, perdendosi tra le ombre di terminologie specialistiche o in giochi verbali e così dimenticandosi la variegata realtà delle opere d’arte. Inseguire un’idea astratta del bello significa perdere di vista l’oggetto artistico. Significa anche illudersi che il brutto sia solo un contraltare di una categoria dominante. Ma che cosa significa brutto? La sua ambivalenza sta proprio in un continuo oscillare tra un uso valutativo e uno descrittivo.
V’è una duplicità, per cui esso da un lato esprime un giudizio negativo, e d’altro lato – sospendendo il proprio normale destino semantico – reclama per sé una qualche positività. È proprio a partire da tale positività che il brutto inizia il suo cammino nell’ambito dell’estetica. Ed è da qui che prenderà le mosse il mio intervento, senza dimenticare “le cose brutte” – gli oggetti artistici – da cui la riflessione estetica prende le mosse.
È professore ordinario di Estetica, saggista e drammaturga. Insegna Estetica ed Estetica della musica e dello spettacolo presso il Dipartimento di Beni culturali e ambientali dell’Università degli Studi di Milano. È stata Visiting Professor e Academic Visitor nelle Università di Aix-Marseille e Avignonet des Pays de Vaucluse (Francia), di York, Oxford (UK), di Galati (Romania), di Malaga (España). È vincitrice di numerosissimi finanziamenti per la ricerca scientifica in Italia e in Europa. Tra le sue ultime monografie nel campo della saggistica, si ricordano: Le Monstre. L’anomalie et le difforme dans la nature et dans l’art , Bern, ecc.2018, Philosophy of Picture. Denis Diderot’s Salons,Bern, ecc. 2018, Frammenti di sipario, Milano 2019 e Teatro da leggere. Mito e conflitto, Firenze 2021.